Dagli ultimi interventi legislativi arriva una spinta al cambiamento per gli studi legali: da un lato ad aumentare le dimensioni e dall’altro ad aprirsi a soggetti diversi, anche esterni al mondo delle professioni. A veicolare le novità sono la legge sul lavoro autonomo (81/2017, in vigore dal 14 giugno scorso) e, soprattutto, la legge sulla concorrenza (124/2017), che diventa operativa martedì 29 agosto.
Arrivata al traguardo dell’approvazione del Parlamento dopo più di due anni, la legge sulla concorrenza introduce alcune novità significative per gli avvocati. A partire dal comma 141, che modifica l’articolo 4 della riforma forense (legge 247/2012), stabilendo che l’avvocato può far parte di più associazioni tra avvocati e multidisciplinari, costituite con altri professionisti.
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Lo stesso comma della legge 124/2017, inoltre, riscrive la disciplina dell’esercizio in forma societaria della professione forense. La possibilità di costituire “società tra avvocati” è ammessa già dal decreto legislativo 96/2001, ma ha avuto scarso successo a causa delle rigidità del modello. Ora la legge sulla concorrenza consente l’esercizio della professione forense a società di persone, di capitale e cooperative, da iscrivere in una sezione speciale dell’albo.
A queste società non si può però partecipare tramite società fiduciarie, trust o per interposta persona, pena l’esclusione di diritto del socio.
Nelle società possono entrare soci non professionisti, ma solo di capitale, ma gli avvocati, o altri professionisti iscritti a un albo, devono rappresentare i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, altrimenti la società si scioglie.
Quanto all’organo di gestione, deve essere composto solo da soci e in maggioranza da avvocati. I soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori (ma, al contrario, è anche possibile che l’amministratore sia un socio di capitale).
La legge 124 precisa poi che, anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria, la prestazione professionale rimane comunque personale. I soci professionisti che eseguono la prestazione devono assicurare indipendenza e imparzialità e dichiarare possibili conflitti di interessi o incompatibilità. La responsabilità della società e dei soci non esclude quella del professionista che ha eseguito la prestazione.
Reti e consorzi
La legge sul lavoro autonomo prevede la possibilità per tutti i professionisti – inclusi gli avvocati – di creare reti di professionisti, di partecipare alle reti di imprese miste previste dall’articolo 3 del decreto legge 5/2009, di costituire consorzi stabili professionali e di costituire associazioni temporanee professionali secondo le regole stabilite dall’articolo 48 del decreto legislativo 50/2016. Si apre insomma la possibilità ai professionisti di utilizzare strumenti giuridici finora previsti solo per le imprese. L’obiettivo è quello di consentire ai professionisti di partecipare ai bandi e di concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti privati.
L’effetto delle novità introdotte dalla legge sulla concorrenza e da quella sul lavoro autonomo è quello di dare l’opportunità ai professionisti di svolgere l’attività sia in realtà di tipo collettivo stabili come le associazioni e le società, ma anche in realtà che nascono per dare risposta a una concreta esigenza di tipo economico-imprenditoriale, e che si esauriscono nel momento in cui a essa hanno dato risposta.
Il valore aggiunto sta nel fatto che i professionisti possono, da una parte, contenere i costi di gestione e, dall’altra, non farsi sfuggire opportunità di lavoro come gli appalti di grandi imprese, che per la loro complessità necessitano dell’apporto di una pluralità di professionisti.
Anche la possibilità di creare un soggetto giuridico, come accade per i consorzi e le associazioni temporanee, che diventa per il cliente un unico interlocutore ma garantisce nel contempo lo svolgimento di più attività professionali o di un’attività particolarmente complessa, può diventare una risposta alle sempre maggiori difficoltà nello svolgere la professione in studi legali di piccole dimensioni.
Le reti, che non danno vita a un soggetto giuridico autonomo rispetto ai singoli professionisti partecipanti, si presentano forse come lo strumento più adatto ai piccoli studi legali, soprattutto per i costi contenuti. Le reti rappresentano una posizione intermedia tra lo studio professionale individuale e il consorzio.
Nel valutare l’opportunità di stipulare un contratto di rete occorre tenere presente che si deve trattare di una collaborazione di carattere strategico finalizzata a obiettivi di innovazione e aumento della capacità competitiva.
La rete può essere lo strumento per sperimentare sinergie comuni tra professionisti che intendono procedere gradualmente verso forme aggregative progressivamente più stabili come le associazioni temporanee e non, o le società.
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